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E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma

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Fece fessi tutti": la frase, niente affatto elegante ma volgarmente efficace, fu usata nel 1949 da Cesare Rossi, uno dei più stretti collaboratori di Benito Mussolini nei primi anni del fascismo, per descrivere l'abilità con la quale il giovane duce, alla vigilia della "marcia su Roma", mise nel sacco tutti i maggiorenti della classe dirigente liberale, che avrebbero potuto impedirgli di diventare il capo di un nuovo governo. Giolitti, Nitti, Orlando, Salandra e Facta caddero nella trappola delle trattative che Mussolini condusse separatamente con ciascuno di loro, fra settembre e ottobre del 1922, lasciando credere a ognuno che l'avrebbe preferito come presidente del Consiglio in un ministero di coalizione con la partecipazione dei fascisti. E mentre il duce trattava, il partito fascista mobilitava la sua organizzazione armata per la conquista del potere. Con l'inganno, dunque, Mussolini "fece fessi tutti", ma le negoziazioni non sarebbero neppure iniziate senza il dispiegamento della forza del partito fascista che, usando la violenza, dominava incontrastato in gran parte dell'Italia settentrionale e centrale e sfidava apertamente lo Stato con la sua milizia armata. In effetti, non furono le trattative con i vecchi governanti ad aprire al partito fascista la via al potere, ma fu l'insurrezione squadrista che indusse il capo dello Stato monarchico a cedere alla pretesa di Mussolini di avere l'incarico di formare il nuovo governo...
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