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E Sisifo amò il suo macigno

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Guzzardi raffigura la fatica di vivere nella condanna di Sisifo, che osò sfidare gli dei e per averli più volte ridicolizzati ricevette da essi un'atroce condanna. Sisifo, costretto a spingere per l'eternità un pesante masso verso la cima di un monte per vederlo ogni volta rotolare giù, offre una riflessione sulla felicità, poiché come dice Camus "non c'è amore del vivere senza disperazione di vivere". Ecco che la fatica di vivere implica anche la gioia di vivere. Di Sisifo si occupa anche Camus che nega ogni significato trascendente alla vita. La vita priva di significato è quindi irrazionale e assurda. Ma il suicidio non è la soluzione al problema nonostante l'umiliazione che possa insorgere nell'uomo vedendosi così piccolo di fronte all'immensità di quanto lo circonda. La soluzione per Camus è invece la "sopportazione" della propria presenza nel mondo, "sopportazione" che consente la libertà nei confronti dell'assurdità dell'esistenza. Camus non cerca quindi più Dio, il suo obiettivo diviene "l'intensità della vita". Sisifo è allora felice perché nella sua condanna diviene consapevole dei propri limiti. Copertina di Gianni Allegra, vignettista de La Repubblica.
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