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Il Canto V dell'Inferno, Dante Alighieri

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Seminar paper from the year 2008 in the subject Romance Languages - Italian and Sardinian Studies, grade: 1, 3, University of Trier, language: Italian, abstract: Il canto V dell'Inferno, dove Dante incontra i lussuriosi Paolo e Francesca, è uno dei canti più belli e nello stesso tempo uno dei più discutibile della Divina Commedia - lo studio monumentale dei peccati umani. Ciò che più sconcerta nell'Inferno di Dante è l'eternità della colpa, l'impossibilità del pentimento, secondo la teologia cattolica più intransigente. Eppure Dante non era un fanatico della chiesa e per un certo periodo della sua vita fu persino un ghibellino, cioè un laico anticlericale. Il Dante dell'Inferno non sottomette le ragioni cristiane a quelle umane, ma si sforza di trovare un compromesso. Lo sconcerto diventa ancora più forte quando si legge nel canto V la vicenda dei due cognati Paolo e Francesca. Proprio essa, per come poeticamente viene descritta, lascia pensare che Dante non fosse del tutto convinto delle verità teologiche della fede cattolica. Questo testimonia la grande pietà da parte del poeta per gli amanti infelici che finisce perfino nello smarrimento. Sappiamo che Dante smarrisce soltanto tre volte in tutta la Commedia. Si parla dei tre tipi dello smarrimento di Dante: l'esterno (provocato dal terremoto nel primo cerchio), l'interno/l'intimo (provocato dal discorso con Beatrice nel Purgatorio) ed il transitorio (di fronte al Dio, dove "smarrirsi" significherà in realtà "ritrovarsi", ossia passare dalla sfera celestra alla realtà - sulla terra). Questo smarrimento nel canto V non è dovuto né all'angoscia davanti al cataclisma, né alla virtù di una raggiante folgorazione, ma nasce proprio dalla coscienza del confronto tra il Bene e il Male, tra la verità dell'intelletto e la forza delle passioni. Tra i due infelici amanti e la giustizia divina c'è Dante, un fedele cattolico da una parte ed un innamorato dall'altra. L'esperienza umana e poetica di Dante si inscrive tutta sotto il segno di Amore. Dal suo primo sonetto nella Vita Nuova, scritto a diciotto anni, fino all'ultimo verso della Commedia l'Amore è per Dante una interrogazione esistenziale, una domanda di significato.
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