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Il dono nelle donazioni. Una prospettiva bioetica

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Nel 1443 il Beato Angelico dipinge la "Guarigione del Diacono Giustiniano". Il soggetto è un bizzarro miracolo raccontato dalla Legenda Aurea: i fantasmi dei santi Cosma e Damiano, due medici siriani morti nel III secolo dopo Cristo, curano un diacono romano, colpito da non meglio precisate ulcere a una gamba, la terapia consiste nella sostituzione dell'arto malato con quello di un etiope morto da poco. È la prima volta che l'idea del trapianto, seppur in forma mitica, fa capolino nella cultura occidentale. Il trapianto di organi, tessuti e cellule rappresenta oggi una soluzione efficace per una vasta serie di patologie, dalle insufficienze organiche alle malattie ematologiche. Si tratta però di una pratica medica impossibile da realizzare senza un donatore, una persona che offra una parte di sé a beneficio di qualcun altro. È proprio l'inevitabile necessità del dono a rendere questo specifico campo della medicina così interessante da un punto di vista bioetico: ne sorgono questioni legate al modo in cui concepiamo noi stessi, il nostro corpo, il morire, l'idea di sacrificio connessa con le donazioni da vivente. Uno spettro di questioni straordinariamente variegato, che qui, per la prima volta, si affronta con un approccio multidisciplinare, valutandone gli aspetti medico-scientifici, storici, giuridici, etico-morali e filosofici.
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