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Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio
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Perché una storiella o un gioco di parole ci fanno ridere? Ma soprattutto, si domanda Freud: "Merita il tema del motto di spirito questi sforzi"? Siamo tra il 1895 e il 1905, un decennio di estremo fervore creativo, nel quale il padre della psicoanalisi mostra di avere un particolare talento nell'osservare fatti e comportamenti sociali ritenuti generalmente trascurabili. Un sottobosco di fenomeni che, sottratto comunemente all'osservazione e alla riflessione, diventa oggetto del suo sguardo: uno sguardo che riesce a cogliere una scena diversa rispetto a ciò che l'esperienza mostra alla sua superficie. Così Freud ci mostra come, tra le mille pieghe del motto di spirito, si celino preziose spie verso l'inconscio. Ma ci accompagna anche nella Vienna di inizio Novecento, tra memorabili personaggi che saranno i protagonisti di tante storielle yiddish. Il riso sembra allora uno dei migliori antidoti all'odio, all'ira, alla superbia e alla vendetta. Un potere fragile e un rimedio salutare, che merita di essere riconosciuto come tale, coltivato e conquistato, e al quale Freud ha dedicato questo suo rivoluzionario elogio. Prefazione di Nadia Fusini.
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