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Il naufragio della «Medusa»
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Giovani mozzi che cadono in acqua e vengono lasciati andar giù nei flutti senza essere soccorsi, rotte di navigazione sbagliate, scandagli malfatti, capitani in fuga, marinai alla deriva, lotte furibonde tra chi resta, i morsi implacabili della fame, le notti della bufera, il rancore dei sopravvissuti che divorano i cadaveri. Oggi - come scrive Eraldo Affinati nella Prefazione - la zattera della Medusa significa qualcosa di ancora più inquietante, ma per comprendere la vera portata del documento che presentiamo (scritto da due sopravvissuti al naufragio) dovremmo riuscire a ritrovare lo sguardo allibito dei primi lettori, quasi incapaci di attribuire a quegli ossessi pronti a dilaniarsi la qualità di esseri umani. Il cuore di tenebra della narrazione, conradiano ante litteram, batte forte nel quinto e sesto capitolo, tesi a descrivere lo sgomento degli sventurati, con l'acqua alla vita, pronti a uccidere il compagno e l'amico pur di raggiungere il centro della zattera dove s'erano insediati i capi, costretti a procedere senza bussola, con una vela sbrindellata montata alla meglio. Le ultime provviste di vino e biscotto razionate. Le notti di delirio nello sconquasso dei venti col mare in tempesta. I suicidi. I ribelli. I ladri. I vigliacchi (molti). Gli eroi (pochissimi). Chi sono i buoni e chi i cattivi? Domande che valgono per quel naufragio, ma anche per quelli, e ne abbiamo visti di recente, che avvengono oggi.
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