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Immagini ed eresie nell'Italia del Cinquecento

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Dalla polemica contro le credenze, le pratiche devozionali e i culti superstiziosi al rifiuto radicale di ogni iconografia religiosa, fino ai fenomeni di iconoclastia che ne scaturirono anche al di qua delle Alpi. Dall'uso di immagini come strumenti di lotta antipapale, propaganda e proselitismo ai casi di pittori processati dall'Inquisizione. Sono molti i temi presi in considerazione in questo libro. Ma l'attenzione è soprattutto puntata su opere e artisti variamente segnati da matrici e sensibilità difformi dall'ortodossia cattolica, di volta in volta inseriti negli specifici contesti politici e religiosi di città come Napoli, Firenze, Roma, Venezia, Ferrara, Mantova, durante i decisivi decenni tra il sacco di Roma del 1527 e la conclusione del concilio di Trento nel 1563. Ne emerge una trama di immagini capaci di sottrarsi ai vincoli della tradizione iconografica, della committenza, della sorveglianza inquisitoriale per esprimere orientamenti dottrinali, inquietudini religiose, speranze di rinnovamento, appartenenze identitarie non più compatibili con l'ortodossia cattolica. A esserne coinvolti furono pittori e scultori minori e minimi, così come grandi maestri del tardo Rinascimento, da Lorenzo Lotto a Iacopo Pontormo, da Sebastiano del Piombo a Baccio Bandinelli, fino ai sommi Michelangelo e Tiziano. Il che contribuisce a spiegare perché la questione del controllo delle immagini diventasse cruciale per i padri tridentini e la Chiesa della Controriforma.
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