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L'autonomia della politica monetaria. Il divorzio Tesoro-Banca d'Italia trent'anni dopo

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Il 12 febbraio il ministro del Tesoro di allora, Nino Andreatta, scrisse una lettera al governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, per comunicargli che era venuto il momento di liberare l'istituto di emissione dalla consuetudine di sottoscrivere i titoli del Tesoro rimasti invenduti all'asta. Lo scopo era quello di stabilizzare la politica monetaria, rafforzando l'autonomia della banca centrale. La risposta positiva del governatore arrivò il 6 marzo successivo e il "divorzio" si compì nel luglio dello stesso anno. "L'interruzione dell'automatismo degli acquisti della banca centrale alle aste dei Bot - scrisse Ciampi - è un primo passo per la realizzazione di un obiettivo di crescita della base monetaria complessiva, indipendente dal disavanzo". Si trattò, dunque, di una decisione storica, che pose le basi per la modernizzazione della politica monetaria del nostro paese. A distanza di trent'anni, lo scorso febbraio, un convegno organizzato dall'Arel all'Albi ha ripercorso quella vicenda, con le testimonianze di uno dei suoi protagonisti, il presidente emerito della Repubblica Ciampi, e del governatore Mario Draghi, in procinto di essere nominato al vertice della Banca centrale europea.
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