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Liberi di non comprare. Un invito alla rivoluzione
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Ci sono popoli, in remoti villaggi, invisibili al mondo: vivono al di fuori del PIL del loro Paese. Sono braccati da compagnie energetiche e telefoniche perché producano fatturato e si inseriscano nel "sistema". E noi? Noi siamo tutti numeri nei diagrammi di aziende, di multinazionali, dei mercati mondiali. Facciamo parte di un sistema organizzato, sociale e politico, che nulla ha di democratico e che traduce la durata della esistenza umana in capacità di acquisto. Ormai, possiamo convertire le nostre ore di lavoro, e quindi il nostro tempo, in articoli di consumo. Otto ore di vita-lavoro? Un paio di jeans. Quarantotto ore di vita-lavoro? Un nuovo smartphone. L'autrice parte dalla cultura dei popoli indigeni, che ben conosce, e da una conversazione, emblematicamente fuori da un McDonald's, con Jesus, un senzatetto di New York, per lanciare un appello e un invito alla rivoluzione. Recupera la morale umanistica di Pasolini e parla di sciopero degli acquisti, nulla a che vedere con la decrescita felice, piuttosto una lotta col coltello fra i denti per ridare dignità e peso alle nostre esistenze.
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