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Libri di lettere. Le raccolte epistolari del Cinquecento tra inquietudini religiose e «buon volgare»

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Nel corso del Cinquecento il mercato del libro italiano, e veneziano in particolare, viene invaso da centinaia di edizioni di raccolte epistolari. Le formule editoriali sono numerose, ma la giustificazione che le accomuna è la stessa: divulgare modelli per scrivere lettere in un buon volgare. Dal 1538, anno d'uscita delle "Lettere" di Aretino, è tutto un susseguirsi di raccolte di lettere d'autore e di antologie di autori vari. Dietro ognuna di queste pubblicazioni, e soprattutto dietro le antologie, si celavano intriganti operazioni di selezione, autocensura, riscrittura, talvolta occultamento di dati cronologici e di luogo, nomi dei mittenti e dei destinatari. Dalle operazioni editoriali più prestigiose affiora l'attività di alcuni importanti correttori e letterati-editori del Cinquecento: Lodovico Dolce, Francesco Sansovino, Girolamo Ruscelli e poi il grande stampatore-umanista, Paolo Manuzio, che con le sue "Lettere volgari" creò un vero, plagiatissimo best seller da ventotto edizioni tra il 1542 e il 1567. Accanto alle tematiche umanistiche, affrontate da autorevoli letterati, uomini politici e illustri vescovi e cardinali, queste raccolte offrivano ai lettori informazioni politiche e militari sui drammatici eventi delle guerre d'Italia e fornivano anche un quadro delle tensioni religiose dell'epoca.
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