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L'illusione e il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare
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Quando assistiamo a uno spettacolo teatrale, siamo invitati a supplire con la mente alle lacune della finzione scenica. Da un lato ci abbandoniamo all'illusione, dall'altro vi collaboriamo attivamente, creando con l'immaginazione ciò che è assente dal palcoscenico. Attiviamo in questo modo quella volontaria sospensione dell'incredulità di cui Samuel Coleridge scriveva già nell'Ottocento a proposito della fede poetica. Grazie al nostro atto consapevole, l'illusione compie una sorta di metamorfosi semantica: non è più sinonimo di inganno ma si riempie di verità. Partendo da questa riflessione, il volume indaga dal punto di vista filosofico il rapporto tra realtà e rappresentazione, attraverso ampi riferimenti alla dimensione sociale e morale, con pensatori antichi e moderni: da Platone e Aristotele a Gombrich e Deleuze. Nell'epoca della riproduzione altamente definita, l'autore dimostra che il fine dell'illusione non è la copia, ma la creazione di un mondo nuovo, capace di mantenere la relazione con la realtà da cui ha tratto origine e al contempo di differenziarsene, per addestrarci, attraverso il confronto, alla critica e all'autonomia.
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