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L'unico scrittore buono è quello morto

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Cosa accadrebbe se a James Joyce venisse rifiutato ogni libro? E se Tolstoj fosse ospitato in radio a Roma, per ascoltare il parere di Ilaria da Foggia? E se William Shakespeare finisse alla sbarra con l'accusa di plagio? Sono solo alcuni dei ritratti paradossali che questo libro ha in serbo per il lettore. Con una prosa scanzonata, "L'unico scrittore buono è quello morto" illumina splendori e miserie del mondo letterario, senza risparmiare i mostri sacri. Autori e lettori, editori e traduttori finiscono in un frullatore di racconti che miscela una metafisica Praga ribattezzata Kafkania (dove i bordelli si chiamano "Il castello", "La condanna" o "La colonia penale") con una San Francisco iperletteraria dove vagano i sosia dei beat, uno scrittore beone alle prese con una lettrice assatanata e un poetastro in gara nel poetry slam più sgangherato della storia. Una parodia per aspiranti scrittori e lettori sgamati, che snocciola una carrellata di personaggi afasici, perduti, smarriti nel tragicomico labirinto delle lettere. Un libro per tutti quelli che vogliono scrivere e per chi li farebbe fuori volentieri, ma anche un grande atto d'amore per la forza della scrittura.
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