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«Non ha dato prova di serio ravvedimento». Gli ebrei perseguitati nella provincia del duce

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Tra il 1938 e i giorni della liberazione, alla fine di maggio del 1944, sono una quarantina gli ebrei schedati a Littoria e nella sua provincia in base alle leggi razziali. La loro storia non è mai stata raccontata. Quando si fa riferimento all'area pontina in quegli anni, prevalgono sempre temi come il prosciugamento della palude, l'appoderamento, la nascita delle città nuove. Vicende, oltre tutto, raccontate spesso prestando orecchio alla propaganda e alle nostalgie del regime. Poco emerge del fatto che in realtà l'Agro Pontino si è rivelato un laboratorio per creare il "nuovo italiano fascista": l'italiano "rurale, procreatore e soldato" funzionale al nuovo ordine vagheggiato da Mussolini. Un "ordine" nel quale non c'era posto per gli ebrei. Sparsi in diversi centri, le leggi razziali li hanno isolati e ne hanno travolto l'esistenza, facendoli diventare di colpo "diversi" e relegandoli in un ghetto dove le mura e i cancelli erano i divieti e le discriminazioni, le proibizioni e le prepotenze continue. Unico barlume di speranza, in questo contesto tenebroso, qualche gesto di solidarietà individuale, dettato da amicizia e frequentazioni abituali. Il libro racconta lo sconvolgimento a cui, a partire dal 1938, sono stati condannati questi 40 tra uomini, donne e ragazze nel loro vivere quotidiano e poi, dopo l'8 settembre 1943, quando è cominciata la "caccia all'ebreo", i mesi passati alla macchia, ogni giorno con il terrore di essere scoperti, arrestati e deportati.
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