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Poesie scelte 1990-2015
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Gèzim Hajdari, con la sua opera sta universalizzando l'essere stesso del migrante. La precarietà, la solitudine, la emarginazione come situazione della migrazione individuale è il canto che si sprigiona dalla poesia del poeta di origine albanese. Dante aveva universalizzato la pur reale condizione della lontananza dalla sua patria, trasfigurandola come lontananza del singolo dalla gloria e dalla salvezza eterna, dal Paradiso, Gèzim Hajdari ha universalizzato, invece, la necessità dell'abbandono e della lontananza da qualcosa di prettamente terreno. In Dante l'esilio, l'attaccamento alla patria terrestre, viene scavalcato dalla vita eterna, in Hajdari, l'esilio conduce al superamento di ogni legame con un territorio terrestre lasciando l'uomo senza altro territorio se non il proprio corpo. E la condizione dell'orfano perenne che deve contare sulle proprie forze per sopravvivere, senza alcuna adozione. Il paragone con Dante potrebbe sembrare eclatante, ma a quanto mi è dato di conoscere, difficilmente nella storia italiana o addirittura nella letteratura mondiale, è rintracciabile un poeta capace di universalizzare la situazione dell'esilio e dello spaesamento così come avviene in Hajdari." (Raffaele Taddeo)
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