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Quando mio padre emigrò in Francia
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C'è qualcosa di misterioso nella personalità di Matteo "l'italiano", che ventenne ha lasciato Sarzana per trasferirsi in Francia. Matteo antifascista, che si sottrae alla dittatura per rifugiarsi nella patria dei "diritti dell'uomo". Quando Martine, la figlia "francese", inizia la sua indagine alla ricerca del "tempo perduto", per ricostruirne il passato, altre figure d'emigranti emergono: i "senza patria", gli apolidi, fuggiti in tutta Europa dalla persecuzione nazista, gente oscura di modeste condizioni e noti intellettuali, artisti e poeti come Irène Nemirovsky o Max Jacob, una vera e propria "internazionale dei proscritti", come scriverva Klaus Mann. Ma anche il tempo attuale ci presenta di nuovo immagini drammatiche quasi quotidiane di altri ed altri emigranti in fuga che da "vittime oppresse" nella generale indifferenza - come nota il sociologo Smain Larcher - sono "respinte nei bassifondi dell'umanità comune". "A Calais quelli che cercano di arrivare in Inghilterra ripetono "Abbiamo un fratello, uno zio di là che ci aspetta": dopo aver sentito questa frase decine di volte la giornalista si è chiesta se anche il padre quando varcò la frontiera abbia detto le stesse parole...
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