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Rimbaud e la vedova
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II 1875 è un anno cruciale nella vita di Arthur Rimbaud. È infatti l'anno in cui il poeta al quale, secondo Max Jacob, 'tutte le letterature debbono essere riconoscenti', compie la sua definitiva rinuncia alla letteratura. A partire da quel momento Rimbaud cesserà di essere 'qualcuno che era stato lui, ma non lo era più, in alcun modo'. Diventa cioè, via via, soldato mercenario nelle file dell'Esercito Coloniale delle Indie Olandesi di stanza sull'isola di Giava, inserviente di un circo in tournée a Stoccolma e Copenaghen, sorvegliante di una cava prima e caposquadra di un cantiere poi, a Cipro, impiegato di una ditta di import-export ad Aden, commerciante di caffè, cuoio e avorio ad Harar e infine mercante d'armi in Abissinia. Diventa anche, secondo alcune ricostruzioni a cui nessuno più crede, monaco in un monastero cristiano affacciato sulle rive del Mar Rosso e re-stregone di una tribù di selvaggi. Quest'epoca spartiacque per cui si è soliti parlare di un prima e di un dopo quella data, è l'anno in cui inizia quello che viene chiamato il 'silenzio di Rimbaud'. Sul silenzio del poeta delle Illuminations sono state scritte migliaia e migliaia di pagine. Troppe forse. Tanto che verrebbe voglia di liquidare la questione come fece Remy de Gourmont: 'Rimbaud visse da poeta quanto vive un fungo - velenoso forse...'".
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