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The sacred wood of Bomarzo. Colouring Book

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Il Sacro bosco di Bomarzo, ideato dal Principe Vicino Orsini nel 1552, è comunemente definito Parco dei mostri per la presenza di sculture fantastiche e grottesche disseminate in un terreno boscoso. Il paesaggio presenta una minacciosa popolazione di massi, generata da un sommovimento tellurico: rocce, scolpite sul posto, si sono animate prendendo forma di terribili creature disseminate lungo percorsi scoscesi, tra alberi e vegetazione selvaggia. Il giardino, anche se inserito nella cultura architettonica naturalistica del secondo Cinquecento, costituisce un unicum, in quanto si differenzia dai raffinati giardini all'italiana rinascimentali caratterizzati da rigore e simmetria delle forme. Il Sacro bosco si presenta come un'avventurosa sequenza di apparizioni, ora spaventevoli, ora amene, che il visitatore scopre l'una dopo l'altra nel verde della selva, con stupore senza un ordine logico senza un percorso stabilito. Autentico labirinto di simboli avvolge chiunque ci si addentri fisicamente e intellettualmente, offrendo soluzioni del tutto irregolari. L'ideatore del singolo giardino è riuscito, con i suoi elementi giganteschi, a creare un rapporto sconcertante con la natura. L'incubo e la spensieratezza del Bosco magico sono delle forti componenti che si ritrovano nei poemi cavallereschi, in voga in quel periodo, immergendo il parco in una zona di incontro tra arte e letteratura. Nei poemi cavallereschi la parola sacro sta per magico e stregato come il tema centrale del Sacro bosco, dove la selva stregata sottopone il cavaliere ad una serie di terribili sfide che costituiscono i diversi aspetti delle difficoltà che l'eroe deve superare (allegoria delle difficoltà della vita). Il principe Vicino Orsini colto signore di Bomarzo, volle fortemente realizzare il suo giardino che divenne uno dei più importanti del cinquecento, ma anche quello che più di tutti rimane avvolto nel mistero. La colorazione delle statue: Secondo il testo ''Gli incantesimi di Bomarzo, il Sacro bosco tra arte e letteratura'' del critico d'arte Maurizio Calvesi, le statue, per volere del principe Orsini erano dipinte con colori puri e vivaci, rosso carminio, bianco, azzurro oltremare, viola, particolare che prende spunto dai poemi cavallereschi dove si ritrovano nelle descrizioni dei draghi e delle iene dell'Amadigi, e nell'Orlando Furioso.
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