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Un'estetica del simbolo tra arte e alchimia. Duchamp invisibile
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Alcuni amici hanno creduto di poterlo definire un vangelo del "concettualismo" anni Settanta: il mio "Duchamp invisibile", pubblicato da Aldo Quinti (Officina edizioni) nel 1975, fu però presto esaurito e da tempo è impossibile trovarne una copia. Peraltro l'interpretazione di Duchamp in chiave di consapevole, sofisticata e sistematica assunzione mentale dell'alchimia, quale proposta per la prima volta in quel libro, è stata ripresa da studiosi italiani e stranieri, benché non di rado, soprattutto da parte di questi ultimi, senza la debita citazione: a cominciare dalla pubblicazione a più voci Marcel Duchamp Abécedaire, III, Parigi 1977, con citazioni di autori da me introdotti per la prima volta nella letteratura su Duchamp come Pernety e Kircher.Altre volte la mia interpretazione è stata ritorta contro Duchamp, come nel caso di Mario Praz che condividendo la mia lettura in doppio del titolo del Grande Vetro, se ne avvalse per ridimensionare a banale battuti sta la statura del maestro. Infatti questi, incredibilmente, trova ancor oggi ostilità presso alcune penne eccellenti. (...)
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