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Vite precarie. Contro l'uso della violenza in risposta al lutto collettivo
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Se vogliamo arrestare il circolo vizioso della violenza, dobbiamo chiederci come trasformare il dolore da grido di guerra in azione politica". Come si vive in America e nel mondo dopo l'11 settembre e durante la guerra in Iraq? Quali le conseguenze per i diritti umani e le libertà individuali? Quali censure si accaniscono sulle voci critiche verso la politica del governo statunitense? Contro l'oltranzismo patriottico degli USA, Judith Butler ci propone un'analisi rigorosa e attualissima sul progressivo sganciamento del potere politico dalla soggezione alla legge, sul crollo dello Stato di diritto, sul passaggio di sovranità "giustificato" dall'emergenza antiterrorista. E ci invita a riflettere sulle ragioni profonde di fatti che provocano la nostra indignazione: perché le posizioni critiche verso Israele vengono bollate come espressione di antisemitismo? Quali le implicazioni etiche e politiche della "detenzione infinita" dei prigionieri di guerra a Guantanamo? Perché ad alcuni è concesso di provare dolore e piangere i propri morti, mentre ad altri non è riconosciuta neanche la dignità di esseri umani? Nel suo libro più appassionato e provocatorio, l'autrice propone un'etica non violenta, fondata sulla consapevolezza della vulnerabilità e precarietà della vita umana, e ci mostra come una più profonda comprensione del significato del lutto e della violenza possa invece condurci verso nuove forme di solidarietà e giustizia globale.
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